Quanto è difficile ricominciare?

Qualcuno ha ripreso da poco, qualcun altro, come me, è ancora in vacanza. Ma al di là del momento storico piuttosto complesso, l’idea di iniziare di nuovo la routine scuote grandi e piccini. Non voglio andare a scuola, non voglio…

Qualcuno ha ripreso da poco, qualcun altro, come me, è ancora in vacanza. Ma al di là del momento storico piuttosto complesso, l’idea di iniziare di nuovo la routine scuote grandi e piccini. Non voglio andare a scuola, non voglio tornare in ufficio. The same…

Per voi è difficile ricominciare?

La domanda dalle mille risposte, riassunte probabilmente in un’unica e plausibile risposta: dipende.

Dipende da cosa ricominci: un libro, un film lasciato a metà, un lavoro messo da parte, una relazione che pensavi terminata. Quando ricominci sai che arriveranno emozioni agrodolci: entusiasmo, ma anche timore di fallire, di fermarsi nuovamente, o banalmente di riprovare le sensazioni negative presenti prima dello stop.

Iniziare di nuovo qualcosa comporta un dispendio emotivo e psicologico direttamente proporzionale alla durata della pausa: più passa il tempo più è fastidioso riprendere da dove avevamo lasciato. E’ come se ognuno di noi avesse una sorta di finestra temporale di sicurezza, entro la quale la probabilità di ricominciare la cosa abbandonata è alta. Se passano i giorni, si esce dalla finestra di sicurezza, e la motivazione crolla.

Ho passato settimane a guardare di traverso il Così parlò Zarathustra appoggiato sul mio comodino: ero riuscito a leggerne senza vomitare una trentina di pagine, poi ho ceduto. Basta, non lo posso leggere. Fino ad allora non mi era mai capitato di abbandonare a metà un libro. Questo andava contro la mia regola: la mia rigidità giovanile imponeva sempre di arrivare alla conclusione. Ogni libro terminato veniva poi riposto nella libreria, che negli anni cresceva di pari passo alla mia autostima. Sono riuscito a terminare, attraversando fatiche e sudori inenarrabili, una Storia della Russia da 2000 pagine, scavalcando prepotentemente il pentimento sopraggiunto al secondo capitolo, dedicato al neolitico ed alla Teoria Kurganica.

Quanto siamo stupidi a volte.

Il Così parlò Zarathustra è stata la mia prima sconfitta (o se vogliamo leggerla in termini psicologici, la vittoria della salute mentale sulla psicopatologia). Da quel momento ho iniziato a sentirmi sempre un po’ meno in colpa, fino a provare addirittura un senso di godimento sadico il giorno in cui ho scelto di smettere di soffrire con l’Ulisse di James Joyce, che tutt’ora rappresenta per me un incredibile mistero letterario.

Frustrazioni letterarie a parte, come gestire il periodo delle vacanze?

La mia vacanza ideale prevede di solito una continuità light col mio mondo: non stacco mai del tutto la spina, ma tendo a variare la tipologia delle mie attività. Per esempio, avendo più tempo a disposizione mi posso occupare della pianificazione, o della progettazione di nuove attività da proporre alle aziende. I miei migliori corsi li ho progettati in infradito e pigiama, per dirla tutta.

Per me la vacanza deve prevedere degli spazi di riflessione che durante l’anno lavorativo non trovano spazio, data la mia agenda incasinata.

Pianificare avendo il tempo di poterlo fare con calma: questo per me diventa essenziale, e fa la differenza, nel periodo di vacanze.

Siamo all’inizio del 2022, e la sensazione è quella di essere a credito. A dire il vero credo sia una sensazione che mi accompagna da inizio pandemia. Il 19 dicembre ho dichiarato ai miei collaboratori che il 7 gennaio sarei rientrato al lavoro. Il 21 gennaio ho smentito la mia dichiarazione, dopo un attento esame di coscienza: si riparte il 10.

Ecco, in questo momento vorrei tanto ritrattare tutto quanto, e pianificare fino al 20 gennaio.

Ma non si può.

Bisogna ricominciare.